Non so se l'ho già scritto, ma mi è rimasta molto impressa, una volta, una intervista a una donna transessuale la quale raccontava di quando le avevano chiesto "Ma lei quando si è accorta di essere transessuale?" e la sua sua risposta era stata "Io mai! Gli altri me lo hanno detto!"
"Cos'è la normalità? È davvero un baluardo contro la malattia psichica? È giusta la convinzione diffusa che una persona "normale", sicura di sé, soddisfatta della propria vita e ben adattata alla società moderna dell'abbondanza sia anche una persona sana e serena, immune da nevrosi e depressione? Fromm, vedendo la miseria e le sofferenze umane, si è convinto che esiste anche una "patologia della normalità", una disposizione alla malattia che nasce dal conformismo e dalla sottomissione alla struttura mercantile delle moderne società occidentali, dominate dal consumismo e dalla crisi dei valori, e dalla mitica idea di progresso della scienza. Individua due meccanismi perversi: l'alienazione, che pervade tutti i campi dell'esistenza (dal lavoro ai rapporti interpersonali, ai sentimenti), che inevitabilmente porta all'asservimento, alla noia e all'apatia; e il narcisismo, individuale o collettivo, che spinge l'uomo a calpestare la dignità dei suoi simili, al rifiuto della vita, alla necrofilia. Per sfuggire a questa passività indolente e alla conseguente depressione, Fromm propone (attraverso la presa di coscienza e il superamento del vuoto concetto di normalità, sempre più spesso sinonimo di omologazione) di costruire una nuova "scienza umanistica" che, forte del bisogno di utopia, della tensione verso la verità e la giustizia, si ponga l'obiettivo di far scoprire (o riscoprire) all'uomo il piacere dell'azione libera e l'amore per la vita."
Stiamo parlando degli anni 50 e pare impossibile che le cose stiano ancora così.
Erich Fromm scrive "Si può dire che ogni società nutra un peculiare e legittimo interesse per una certa dose di conformità. Si tratta di un interesse che deriva dalla volontà di sopravvivenza della società stessa, la quale in tal modo vuole confermare la propria struttura e la propria specificità. La richiesta di comportamenti improntati alla conformità è però molto accentuata nella vita di ogni giorno. Oggi, nel 1953, non ho certo bisogno di soffermarmi sul conformismo; sarebbe piuttosto il caso di sottolineare come attualmente la sopravvivenza della società dipenda dall'esistenza di alcuni non-conformisti. Se tra gli uomini delle caverne fossero esistiti soltanto conformisti, vivremmo ancora nelle caverne e continueremmo a praticare il cannibalismo. Lo sviluppo dell'umanità dipende da un lato da una certa qual disponibilità al conformismo, ma dall'altro anche dalla volontà e dalla determinazione a non adeguarsi. Ai fini non solo del progresso ma della stessa sopravvivenza di qualsiasi società della specie umana, la disponibilità a non adeguarsi risulta essenziale quanto la tendenza a comportarsi in conformità alle norme che in quella determinata società regolano il gioco della vita".
Purtroppo quando la "richiesta di libertà" si associa alla parola "sesso", sia che per sesso si intenda "identità sessuale" che "attrazione sessuale", due cose che tra di solo non c'entrano assolutamente nulla (e qui si capisce la profonda NON-conoscenza sugli argomenti) pare che in Italia si paralizzi il cervello. E pare che quella richiesta di libertà voglia dire "libertà si scelta". In realtà vuol dire "libertà di essere" Che sta alla base della civiltà.
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